martedì 22 giugno 2010


Sono le 6:15 del mattino e sono in piedi da circa un ora e mezza. Mi sono addormentato presto ieri: erano le 23:30 circa. Durante la notte sono rientrati quasi tutti i ragazzi: quasi tutti ubriachi. Mi hanno svegliato, ho ripreso sonno, ma verso le 4:00 ho spalancato gli occhi e non c'e' stato piu' niente da fare. Ho cercato di fare piano alzandomi e vestendomi, ma era inevitabile che facessi rumore scendendo dal letto a castello dove dormo: cigola tutto non appena ti muovi! Sono sceso giu' ho controllato la posta elettronica e ho guardato un po' le distanze che mi separano da Sydney e come percorrerle. L'obiettivo e' arrivare al mare il prima possibile e mettermi in salvo dal freddo. Sono sempre piu' convinto che la mia vita non si svolgera' in una grande citta': e' troppo spersonalizzante e mi mancano punti di riferimento. Abituato come sono stato a vivere davanti al mare o in montagna ed ad abitare in centri come Roma. Purtroppo non riesco ad apprezzare quasi nulla della modernita' urbanistica. Le dimensioni non fanno giustizia di quelle che sono le esigenze dell'essere umano e il processo di urbanizzazione ha travolto l'individuo in un vortice che lo ha condotto dritto a smarrirsi nei meandri cittadini. I grattacieli e le strade asfaltate; le innumerevoli insegne a neon luminosi dei negozi e i semafori degli incroci anonimi mi spingono sempre di piu' alle armonie disegnate dalla natura, ma soprattutto ad un'urbanistica maggiormente sostenibile laddove l'uomo ha dovuto adattare la sua casa al luogo dove ha costruito. Laddove e' avvenuto questo l'uomo si e' fuso al paesaggio a volte aggredendolo, a volte ridisegnandolo, ma ha dovuto fare i conti sempre con la natura. Nelle spianate cittadine che mostrano i paesaggi monotoni di serpenti di asfalto e palazzoni di cemento e vetro l'uomo a ridotto in schiavitu' quella natura stessa della quale e' parte integrante. Ma il grande torto l'ha fatto a se stesso! Smarrendo e dimenticando, oscurata la vista del cielo dallo skyline metropolitano, la sua vera natura. Non mi piace la citta'! Spesso non ha senso per me trascorrere il mio tempo in questi contenitori. Gli individui nelle citta' pensano di far parte di un unico organismo vivente e di contribuire con le loro esistenze a sostentare ed alimentare tale organismo, ma, in realta' e' piu' palese il contrario: non esiste nessun organismo vivente che non sia l'individuo! La comunita' non esiste: e' annientata e nel tentativo mal riuscito di costruire nuove identita' spesso nascono aborti o aberrazioni urbane. Dove gli individui ai margini avvertono il forte disagio e cercano di porvi rimedio aggregandosi in non piu' precisate associazioni di uomini e donne. Basterebbe tornare ad abitare le periferie! Ripensando il proprio modo di stare al mondo e il rapporto con la natura. Questa volta cercandola e coniugandosi ad essa in un intento sincretico. Costruire, abitare, pensare! Questo e' ancora possibile, ma solo individualmente. Ormai abbiamo perso il controllo del giocattolo, se mai lo avessimo avuto! Percio' la deriva e' dietro l'angolo e quale immagine e' piu' calzante per descrivere la deriva dell'uomo del XXI secolo se non l'immagine del flusso continuo dei pedoni che affollano il marciapiede di una metropoli contemporanea?

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