martedì 12 ottobre 2010

Il ragno di Thomas


Sul cammino di ritorno dalle Killen Fallen, il mio amico Ceco procede arrampincandosi velocemente con le sue lunghe leve. Stento a seguirlo, arranco, ma non mollo. Ad un certo punto vedo la figura di Thomas bloccarsi e lanciare un urlo. Da dietro gli grido: “What happened?” Lui si gira, con un sorriso stampato in faccia e mi risponde: “L'ho trovato, l'ho trovato! Ho trovato il mio ragno! Guarda!” Mi fa cenno con la mano e si sposta leggermente sul fianco, cerco di focalizzare il punto che Thomas mi stava indicando e, finalmente, mi appare nitida l'immagine di un ragno (huge spider!), di vari colori, appoggiato alla sua ragnatela, in attesa di qualche preda. Thomas ci stava sbattendo contro, probabilmente io, essendo piu' basso, ci sarei passato sotto senza nemmeno accorgermene. Tra l'eccitazione di Thomas e la mia incredulita' scattiamo una serie di foto a testimoniare l'evento e Thomas subito mi dice: “Mi devi passare, assolutamente le tue foto. Adesso mi resta da vedere un grosso serpente e poi sono a posto!”. La frase e' buttata li' come farebbe un bambino un po' discolo alla ricerca di avventure nei boschi attorno casa e mi ha ricordato proprio quel bambino che ero mentre mi avventuravo con Nicola, mio cugino e Sciuscia, il mio cane oltre l'orto della casa della nonna, in campagna. Ancora ricordo quando scavalcavamo il muretto e ci addentravamo per i campi con il pretesto di cercare funghi o asparagi. Ricordo quando un giorno ci avventurammo in una proprieta' dove non avevamo mai messo piede perche' la nonna ci aveva sempre detto che se fossimo andati in quei luoghi il proprietario ci avrebbe sparato col fucile: sembra che fosse un tipo particolarmente scontroso. Ma noi quel pomeriggio, a discapito delle avvertenze della nonna, ci avventurammo oltrepassando i rovi, perche' tutti ci avevano detto che in quei luoghi avremmo trovato delle fragole buonissime. Ricordo ancora quando arrivammo allo stagno: Sciuscia si blocco' e smise di scodinzolare come se avesse fiutato chissa' che cosa e Nicola ed io rimanemmo completamente sorpresi dalla scoperta di un luogo sconosciuto a pochi passi da casa. A ripensarci e visitando quel luogo nei miei ricordi piu' recenti, in realta', si tratta soltanto di una piccola pozza d'acqua, ma in quel momento, sul far della sera, durante la stagione delle lucciole, ci parve un lago incantato.

domenica 3 ottobre 2010

Killen Falls




Molti mi avevano parlato di una cascata nei pressi della fattoria, ma nessuno mi aveva saputo indicare precisamente dove fosse. All'arrivo di Thomas gli avevo parlato diffusamente del fatto di voler trovare questo posto ormai entrato nel mio immaginario, pero' senza un'ubicazione di riferimento. Durante uno dei miei giorni liberi avendo bisogno di recarmi a Ballina per attivare la mia mobile broadband, di buona lena, con un bel sole a farmi compagnia, mi incamminai facendo l'autostop. Manco a dirlo dopo cinque minuti che ero sulla strada si ferma un vecchietto con la sua berlina. Mi chiede: “Dove vai?” ed io: “A Ballina!” e lui: “Jump in!” Henry e un signore di circa ottant'anni, che da pochi mesi ha perso la moglie malata di cancro al pancreas. Gli dico che mio zio Nino, il fratello di mi madre, purtroppo, ha scoperto di avere lo stesso male pochi mesi fa e sta combattendo attraverso chemio e terapie varie. Henry mi guarda sconfortato e continua raccontandomi che aveva trascorso cinquantacinque anni senza mai separarsi dalla sua compagna. Adesso era rimasto solo e si dedicava al volontariato nella locale parrocchia a Ballina. Poi mi dice: “Hai visitato le Killen Fallen? Sono vicinissime a Tintenbar e alla tua fattoria!” Gli chiedo di mostrarmi il punto preciso sulla mappa. Salutato Henry e rientrato alla farm parlo diffusamente con Thomas della possibilita' l'indomani di organizzare una piccola spedizione alla scoperta delle Killen Fallen. Thomas accetta di buon grado e il mattino seguendo dopo i nostri esercizi di Yoga ci incamminiamo verso l'agognata meta. Dopo due ore circa di cammino la segnaletica stradale ci conduce alle porte di una stradina sterrata davanti alla quale campeggia il cartello: “Killen Fallen”.
Ci addentriamo nel sottobosco sentendo scorrere sulla nostra sinistra un fiume. Dopo pochi minuti approdiamo ad una sponda del fiume e dinnanzi a noi si apre uno spettacolo meraviglioso: il letto del fiume improvvisamente risulta come reciso da una calamita' naturale e il getto dell'acqua del suo letto cade come tagliata in due. Una discesa di un centinaio di metri e poi una piscina naturale immersa in alberi secolari posti come guardiani della cascata. Ci incantiamo a guardare il panorama che si apre davanti a noi. Thomas lancia un grido di felicita' e io mi vedo sorridere come un bambino. Dopo una discesa tra i boschi di una decina di minuti arriviamo sotto le Killen Fallen e li' ci rendiamo conto di essere giunti in un posto incantato. L'acqua e' gelida, ma cio' non puo' impedirci di fare un tuffo e gustare la sensazione di essere totalmente fusi con la natura che ci circonda. Trascorriamo la mattinata esplorando questo Paradiso. Prima di voltare le spalle e rientrare a casa un ultimo sguardo, un'ultima foto per non dimenticare.

Coccorito!

Skydiving!

Gita al Faro







Per chi volesse visitare Byron Bay e' d'obbligo recarsi al “lighthouse” ovvero il faro. Si giunge al faro percorrendo 5 km circa partendo dalla spiaggiadi Main Beach e risalendo attraverso un percorso nella vegetazione sapientemente ricostruito dalle autorita'. Naturalmente si tratta di un'area protetta recante tanto di segnaletica diffusa ampiamente durante tutto il percorso. Arrivati in fondo alla spiaggia di Main Beach compare una torretta di guardia in legno, che piu' che altro serve ai turisti per scattare favolose foto di tramonti e albe. Questo e' uno dei punti preferiti dai surfisti che si affollano in acqua per cavalcare anche la piu' modesta onda. Da qui si puo' scegliere se proseguire via mare attraversando spiagge e spiaggette e arrampicandosi per scogli oppure imboccare la strada piu' semplice, ma non meno affascinante dell'ascesa al faro attraverso la vegetazione. Vale la pena di provare l'uno e l'altro! Lungo la costa frastagliata si possono incontrare moltissimi branchi di delfini (flips) o whales. Quando si incontra una whales si puo' procedere lungo il percorso incrociando lo sguardo verso il mare e seguendola nel suo lento incedere. Naturalmente per osservare questi splendidi animali bisogna salire attraverso il percorso prestabilito e non scegliere la via del mare. Il cammino e' lungo e periglioso e arrivati in cima si puo' ammirare il faro di Capo Byron: guardandolo dal basso, arrivando da Main Beach, sembra scolpito nel cielo. Il suo bianco si va ad incastonare nel perfetto celeste del cielo sereno della baia. Arrivati in cima si puo' visitare un museo dedicato alla costruzione e l'importanza del faro stesso e si possono visionare documentari sulle creature marine che abitano questi luoghi. Inoltre si puo' restare per ore incantati a guardare l'orizzonte appoggiati con i gomiti alle ringhiere e premendo sulle guance come si faceva da bambini! Continuando il nostro percorso dall'altra parte del capo si apre al vostro sguardo una vista stupenda sul Tallow Beach. Poco lontano da una pedana appositamente costruita, durante le belle giornate di sole, molti praticano lo skydiving, il nostro parapendio. I turisti possono fruire del servizio e volare, insieme con un istruttore riconosciuto, per circa due ore dal faro fino ad atterrare sulla spiaggia di Tallow Beach: questa e' un'esperienza indimenticabile, certamente da provare. Il prezzo si mantiene compreso nei 130 dollari. Da qui si prosegue inoltrandosi nuovamente per una stradina sterrata nel bosco (o dovrei dire nell'habitat naturale subtropicale conservato meticolosamente) e si inizia a scendere verso Tallow Beach. Immersi nella vegetazione si possono osservare alcune specie di uccelli e il “turkey brush”, una specie di tacchino che pascola tranquillamente dappertutto e, stranamente, non viene mangiato. Dopo una lunga camminata si arriva finalmente alla conclusione del percorso indicato da una scultura ritraente un delfino. Da qui si puo' proseguire per Tallow Beach accedendo alla spiaggia in altri 20 minuti di cammino oppure rientrare a Byron attraverso la statale in un quarto d'ora circa.

Surfer life style

Tramonto australiano

giovedì 9 settembre 2010

Ballina A/R con rapina a mano armata








Finalmente abbiamo un giorno libero e con Andy e Yeol decidiamo di andare a Ballina sulla costa a circa 15 km dalla farm. John e' di buon umore stamane e ci accompagna fino al centro. Ballina appare piu' grande di Byron, piu' citta; ma mantiene delle dimensioni ridotte e ha una bella passeggiata di fronte ad uno specchio d'acqua chiuso in una sorta di baia riparata dalle gigantesche onde dell'Oceano Pacifico. Visitiamo il centro cittadino, chiediamo informazioni in uno dei tanti centri informazione per i turisti che si trovano in ogni cittadina australiana anche la piu' piccola e sperduta. La cosa piu' interessante e' che sono visibilissimi, piazzati in pieno centro cittadino e non si tratta di chioschi, ma di edifici abbastanza ingombranti. Comunque ho il tempo per chiedere alla ragazza al desk di uscire con il mio amico Andy. Quest'ultimo visibilmente imbarazzato mi suona un sonante calcio e la ragazza divertita sorride sorpresa. Salutiamo e ci avviamo verso la spiaggia: nella piccola baia si puo' accedere al mare facilmente attraverso una larga e sabbiosa riva. Vediamo qualche famigliola, un gruppo di una scuola di surf non troppo al largo esercitarsi in mare e qualche padrone con il suo cane giocare. La giornata e' calda, ma il forte vento fa passare veloci sulle nostre teste nuvoloni minacciosi. Non c'e' tempo da perdere! Ci tuffiamo, ma piu' che altro ci bagniamo visto che riusciamo a camminare per circa 100 metri dalla riva toccando sempre il fondo. Dopo aver sguazzato per bene nell'acqua ha inizio una sfida di quelle memorabili: Inghilterra, Corea, Italia. Un triangolare da ricordare negli annali del calcio. Dopo una vera e propria lezione da parte della compagine italiana, stesi al sole iniziamo a pensare al ritorno: la signorina all'ufficio informazioni ci ha detto che non ci sono bus dopo le 4 del pomeriggio ed ora sono le 5 passate. Cosi' decidiamo di incamminarci sulla costa, visitare il molo e successivamente, seguendo la mappa, fare hitch-hiking, il nostro autostop. Affrontiamo un lungo cammino per arrivare ad un capo, dove l'acqua salata viene stretta in un corso forzato. Il mare agitato fa il resto: onde enormi si vanno ad infrangere contro la scogliera provocando un fragore assordante e uno spettacolo indefinibile. Nel frattempo, in lontananza, in quel centro cittadino che avevamo lasciato solo pochi minuti prima, sentiamo un elicottero e voci di sirene. All'improvviso vediamo sfrecciare sull'acqua increspata dell'insenatura una moto-scooter con due persone a bordo. Notiamo che il passeggero porta sulle spalle un grosso sacco. L'elicottero li segue e i due si perdono alla nostra vista dietro un muro di scogli. Soltanto arrivati a casa apprenderemo dal Tg locale che si era trattato di una rapina in banca in stile australiano o potremmo dire alla Break Point, visto che i due avevano con se' anche una tavola da surf. Il cronista riporta una strana dinamica dei fatti: i due avrebbero sottratto circa 70.000 dollari australiani alla locale agenzia della Commowealth Bank (la piu' popolare e d importante banca australiana) per poi imbarcarsi sulla moto-scooter per un improbabile fuga via mare con una sorta di maremoto in atto. Il cronista, di fatti, racconta che la fuga per mare si e' conclusa drammaticamente con l'elicottero e la guardia costiera che hanno bloccato i due e con uno dei due, che evidentemente aveva visto troppe volte le imprese di Patrick, Keanu e compagni, tuffarsi in acqua con tavola e sacco e cercare di allontanarsi tra le onde. Sfortunatamente e' rimasto travolto e si e' andato a schiantare con la sua tavola sulla scogliera rimanendo ucciso. Inoltre la polizia non e' riuscita a recuperare la refurtiva perche' i flutti hanno inghiottito il sacco con tutto il denaro. Ebbene, all'oscuro di tutto cio', abbiamo continuato il nostro cammino costeggiando la spiaggia da un lato e le abitazioni (a volte davvero stravaganti: v. foto) dall'altro. Di macchine ne abbiamo viste tante, ma nessuna si e' fermata. Arrivati all'imbocco con la Highway, finalmente, un van, stile figli dei fiori: il classico Wolkswagen beige; si ferma! Allelujah! Gridiamo in coro, anche perche' ormai e' quasi buio. Due ragazzi di Liverpool, anche loro in viaggio attraverso il Paese dei canguri, ci invitano a salire. Ci sistemiamo come possiamo incastrati nel retro del van, mentre Andy fa conversazione con i due. La ragazza ci spiega che stanno viaggiando verso Nord e vorrebbero arrivare a Byron Bay la stessa sera, ma si sono persi. Li rassicuriamo dicendogli che si trovano a pochi km da Byron e gli mostriamo la posizione precisa sulla mappa. Il ragazzo e Andy concordano un incrocio dove possono lasciarci. Dopo pochi minuti siamo scaricati ad un incrocio illuminato da un paio di lampioni, ma questa volta “totally in the dark”! Riusciamo a beccare dopo pochi minuti un altro passaggio solo per pochi km da un giovane padre con un giovane figlio e un carico di pesce fresco nel retro. Scendiamo totalmente nauseati dalla fragranza inebriante dei frutti del mare e intrisi della stessa in piena notte ci apprestiamo a fare l'ennesimo autostop. Passano i minuti, ma nulla! Nel frattempo camminiamo sotto la luna, a bordo strada, immersi nelle tenebre e anche nella vegetazione australiana. Il passaggio di auto e' sempre piu' raro e iniziano a crescere e moltiplicarsi strani rumori e versi loquaci di uccelli notturni e strane creature “in the bush”. Procediamo lentamente, abbiamo consumato molte energie sulla spiaggia e la stanchezza si fa sentire. Siamo equipaggiati solo di infradito, niente acqua e io procedo con il pallone sottobraccio. Mentre si scherza e si canta in fila indiana “in the jungle, the mighty jungle. The lion sleeps tonight...” per sdrammatizzare; inizio a preoccuparmi e da buon trekker forzo la marcia. Dopo una mezz'ora il coreano e sfiancato ed Andy mi grida di fermarmi perche' e' rimasto indietro, staccato di mezzo km. Lo aspettiamo e cerco di riflettere sul da farsi. A 200 m in lontananza vedo una luce distinta. Dico ai ragazzi: "Arriviamo li' cosi' possiamo riposarci sotto la luce e fare l'autostop. Se si mette male potremmo chiedere sempre ospitalita'". I ragazzi si convincono e proseguono con me fin sotto la luce. Si tratta di un resort. I ragazzi sono sfiniti e capisco che bisogna fare qualcosa: stavo per dirigermi verso la reception del resort per chiedere informazioni, quando due fari spuntano nella notte puntando verso di noi. Mi illumino, tiro su i ragazzi e gli grido: “Questo bisogna fermarlo!” Iniziamo a urlare, saltare, imprecare! Il suv passa dritto e noi rimaniamo solo ad imprecare e a guardarlo allontanarsi. Ma ad un tratto vediamo il suv frenare di colpo, inserire la retromarcia e venire spedito verso di noi. Il tipo abbassa il finestrino, Andy va per avvicinarsi e spunta la testa di un bulldog dal finestrino. Andy sensibilmente scosso si ritrae. Ma il tipo e' estremamente gentile e ci dice: “Di solito non do' passaggi a sconosciuti, ma credo che voi siate Woofers della fattoria vicina alla mia, o sbaglio?” Senza indugi rispondo: “That's correct. You are right, man!” e non gli faccio finire di dire nemmeno: “Come on, jump!”, che sono gia' nell'abitacolo a farmi slinguazzare dappertutto dal bulldog. Finalmente arriviamo alla fattoria, ringraziamo il buon uomo e scesi dalla vettura ci inginocchiamo e baciamo per terra! Sfiniti, ormai a notte fonda, sappiamo che il mattino seguente ci aspetta una giornata di lavoro e, cosi', senza dir nulla ci abbattiamo sui nostri materassi per cadere in un sonno profondo dettato dalla stanchezza.

giovedì 2 settembre 2010

VITA DA WOOFERS!







Comunemente vengono chiamati Woofers (letteralmente: Willing Workers On Organic Farms) coloro che lavorano nelle fattorie in cambio di vitto e alloggio. Woofers e' anche un'organizzazione internazionale che opera in moltissimi Paesi del mondo (non in Italia) attraverso una rete articolata creata appositamente per promuovere e sostenere l'agricoltura biologica. Ogni anno la sezione australiana pubblica “The Australian WWOOF Book” a gennaio e una edizione aggiornata a luglio. In questo libro potrete trovare informazioni utili sul lavoro nelle farm, ma soprattutto centinaia di indirizzi di “organic farm” su tutto il territorio australiano. Basta chiamare o spedire un'e-mail e nell'arco di una giornata il farmer vi ricontattera' per dirvi se c'e' disponibilita' di posti nella sua fattoria. Di solito le sistemazioni sono piu' che accettabili: si tratta di camere singole o doppie nella stessa abitazione del farmer oppure di camere singole o doppie in dependance vicino la casa del fattore. Per quanto riguarda il cibo si tratta di “basic food”. Di solito pasta, riso, carne, ortaggi e verdure, latte, uova. Il lavoro che viene richiesto di solito si limita al giardinaggio e la raccolta della frutta o alla manuntenzione delle stalle e alla cura degli animali; ma saltuariamente puo' capitare di fare qualche lavoretto di muratura o carpenteria a seconda dei casi. Vi verranno richieste 4 ore di lavoro (quasi sempre al mattino) in cambio di vitto e alloggio. L'unico incoveniente e' che di solito le farms sono situate nell'entroterra e quindi abbastanza distanti dai centri abitati e dalle spiagge. Il Woofering e' uno dei modi piu' semplici e, sicuramente, il piu' economico per girare l'Australia e conoscere tanta gente nuova: australiani (il fattore e la sua famiglia) e ragazzi da tutte le parti del mondo (i woofers che soggiorneranno insieme a voi). Per ulteriori informazioni vi invito a visitare il sito internet: www.wwoof.com.au. Attraverso il sito potrete ordinare il Wwoof Book per soli 60 dollari australiani. Il pacchetto include un'assicurazione per gli infortuni e sulla vita che vi copre fino a 20.000 dollari per eventuali incidenti nelle farms. Se volete acquistare la guida nelle librerie italiane non potrete farlo perche' non e' un titolo disponibile in Italia; visitando il sito internet troverete anche una lista delle citta' dove comprare la guida. Vi assicuro che non sono molte, quindi vi conviene ordinare il libro online: e' uno strumento utilissimo!

"Coffee Team"

venerdì 13 agosto 2010

















La giornata del Woofer inizia presto: sveglia alle 6:00, colazione e alle 7:00 si inizia. Agganciamo un carretto al quad e dopo pochi secondi ci immergiamo in uno dei tanti filari di alberi di caffe'. Le piante di caffe' qui sono alte all'incirca tre metri e il carretto e' fatto in modo che una rete metallica sostenga il peso dei pickers durante la raccolta. Arrivati sul posto fermiamo il mezzo e saliamo sul carretto, dopodiche' iniziamo a raccogliere i chicchi piu' rossi, piu' maturi e, quindi migliori. I rami colmi di chicchi rossi vengono presi con una mano mentre l'altra afferra tra pollice e indice il ramo vicino il tronco e strappa via tutti i chicchi depositandoli nel fondo del carro. L'operazione e' molto semplice e non richiede molto tempo, ma il lavoro e' tanto perche' i rami sono colmi di “beans” e molti sono ancora verdi. Di solito i verdi non si raccolgono e si scartano, ma spesso capita che tirando via tutto anche i chicchi verdi vadano a finire dentro il carro. Una volta terminata quest'operazione rimetto in moto il quad e mi sposto di qualche metro fino a quando qualcuno dei miei compagni non mi grida: “Stop!” e si ricomincia. In quattro persone riusciamo a fare in media un filare di 300 metri. John ci dice che in media raccoglie quattro volte all'anno. Dopo circa tre giorni di raccolta il carretto e' colmo. Guido il quad trainando il rimorchio in un'area appositamente attrezzata per la lavorazione del caffe': “Process”. Prima di tutto ripuliamo la raccolta da tutte le foglie e i rami caduti dentro il carro insieme al caffe'. Quest'operazione avviene rastrellando il caffe' dal carro e spingendolo in dei contenitori di plastica avviene una prima pulizia. Successivamente il caffe' viene immerso in una grande vasca piena d'acqua dove i chicchi neri e secchi, i rami e le foglie vengono a galla mentre i chicchi si vanno a depositare sul fondo. Con degli scolapasta raccogliamo inizialmente solo quello che galleggia in superficie. Qui avviene una seconda selezione dove vengono scartati foglie e rami e il resto viene immerso in un altro bacile pieno d'acqua. Quando si e' terminata quest'operazione si raschiano dal fondo del primo bacile i chicchi con gli scolapasta o con dei secchi appositi, si tolgono le ultime foglie e si deposita il caffe' in altre bacinelle; poi si scola anche il caffe' nell'altra vasca che sara' “processato” per ultimo perche' piu' sporco e “seconds” cioe' di seconda scelta (i chicchi neri e secchi). A questo punto aziono la macchina: John mi ha insegnato tutto in proposito e mi ha dato la responsabilita' di seguire tutto il processo! Si tratta di un macchinario che snocciola il frutto dai chicchi separandoli: la polpa esterna finisce in un contenitore per il compost e i chicchi in una bacinella. Finita questa fase i chicchi biancastri riposano sul fondo di numerose bacinelle a cui si aggiunge abbastanza acqua da ricoprirli completamente. Dopo pochi secondi l'acqua nelle bacinelle inizia a diventare marrone: e' la caffeina che il caffe' appena snocciolato rilascia a contatto con l'acqua. Lasciamo il caffe' nell'acqua per due giorni, dopodiche' lo scoliamo e lo stendiamo al sole su delle reti sostenute da dei pali. Le reti filtrano l'acqua restante e il sole fa il resto. Nell'arco di quattro, cinque giorni il caffe' si e' seccato per bene e possiamo raccoglierlo dalle reti e metterlo nei sacchi da 50 kg. Nella “roasting room” John ci mostra come tostare il caffe'. Ha una macchina greca (ma mi dice le migliori sono le italiane e le tedesche). Una certa quantita' di caffe' si introduce in questa macchina che tosta il caffe'. John controlla la tostatura da un apposito comparto dove odora i chicchi ormai neri e bollenti. Quando il caffe' e tostato a dovere John apre una valvola e il caffe' si riversa in un recipiente dove viene ramazzato da un'elica e cosi' facendo raffreddato. Dopo pochi minuti il caffe' e' pronto per essere macinato.

giovedì 22 luglio 2010

Caffe' e dintorni








12 luglio 2010 – Questa sera siamo andati con John ad un incontro tra coltivatori e produttori di caffe'. E' stato molto interessante! Questo tipo di incontri si tengono frequentemente: con una cadenza quindicinnale e vi partecipano quasi tutti i proprietari di coffee farm della zona. Si testano nuove miscele, si discute di tecniche di torrefazione del caffe', di tempi e modi di raccolta, ci si addentra in pericolose discussioni circa le migliori qualita' di caffe' al mondo, che possono rivelarsi interminabili e non proprio produttive, ma, soprattutto, si beve tanto ma tanto caffe'! Si testa una particolare macchina da caffe' o differenti modalita' e tempi per la tostatura, si osservano i diversi colori dei chicchi tostati da cui si puo' evincere la provenienza e le qualita' del caffe': “look at that: this is arabic, this one robusto, …”. Paul, il padrone di casa, ci invita a seguirlo nella torrefazione, macina e degustazione di una nuova partita di caffe', rigorosamente biologico (organic coffee), che e' arrivato il giorno prima dal Madagascar. Paul ha diverse macchine per la tostatura, tra queste la piu' grande e quella che vuole usare per “arrostire” letteralmente (rosted) questo caffe'. E' una Probat: una macchina di fabbricazione tedesca. Bill, un esterto “coffe maker”, che ha partecipato a diverse gare nella zona come barista, afferma fiero: “Probat: the best one in the world”. Continua raccontandomi che la madre e' tedesca e la sua famiglia vive a Leverkusen. Mi racconta dei suoi viaggi in Germania e di un suo cugino che una domenica, qualche anno fa, l'ha portato allo stadio a vedere una partita del Bayern Leverkusen, rigorosamente in curva, per fargli provare l'ebbrezza dell'evento. Il suo commento e' stato: “The hooligans are fucking crazy!”; intendendo per “hooligans” le due tifoserie ultras opposte. Durante la sua narrazione Bill mi porge gentilmente una tazza con un bellissimo disegno di un fiore fatto con il latte “schiumato” sulla crema del caffe'. Assaggio il simil-cappuccino-caffelatte e subito mi domanda:”Do you like this coffee?” e io: “You know, in Italy we drink the espresso, without milk and I drink a kind of espresso coffee very short, without sugar to taste the aroma, the flouvers!” e lui mi risponde prontamente: “No worries! I'm making for you a doppio ristretto!”. Penso: “Wow!” Dopo pochi secondi vedo scorrere lentamente una magnifica crema dal braccetto da due, il caffe' si posa lentamente nella tazza riempiendo il fondo e gia' Bill ha staccato ed e' pronto per servirmi il mio caffe'. Prendo la tazzina nelle mie mani e' bollente! Il colore e' perfetto: un marrone intenso con delle striature piu' chiare “a macchia di tigre”. Mi avvicino col mio nasone alla tazzina e sento l'aroma: intenso e forte. Affondo il cucchiaino in superficie per testare la consistenza della crema: impareggiabile! Densa e circa 2 mm come dev'essere... Con lo stesso cucchiaino bagno il bordo della tazzina, come amava fare mio padre, per avere il primo contatto delle labbra direttamente con il caffe' e non con la ceramica della tazzina e, infine, ne bevo un sorso. Decisamente uno dei migliori caffe' che ho bevuto nella mia vita, talmente buono che ancora sono sveglio a parlarne e scriverne quando dovrei gia' essere a letto per affrontare un'altra giornata di lavoro nella farm. Ma troppa caffeina fa male e ne ho assunta davvero tanta stasera per andare a dormire senza annoiarvi un altro po'! Paul continua a parlare e ci mostra orgogliosamente diversi sacchi contenenti caffe' provenienti da tutte le parti del mondo. Ne mostra uno in particolare e ci dice che viene dal Mexico e piu' precisamente dal Chiapas. Al che' leggo bene la dicitura sul sacco ed e' proprio cosi': il caffe' del Chiapas arriva fino in Australia! Interessato domando qualcosa a riguardo e Bill felicissimo si rivolge a John dicendogli di portarmi piu' spesso con lui, poi si volta verso di me e mi spiega che ha acquistato questa partita di caffe' a Sydney e proviene da una Caracoles dell'E.Z.L.N. (Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale) situata nella Selva Lacandona. Sorpreso gli spiego che non credevo che il caffe' delle Caracoles arrivasse nei vari Paesi del mondo attraverso le normali reti commerciali, ma pensavo che viaggiassero soltanto attraverso determinati canali della cooperazione allo sviluppo e del fair trade in piccolissime quantita' ed, eccezionalmente, in quei Paesi dove fossero attive determinate O.N.G., di una certa natura ed orientamento politico come accadeva fino a qualche anno fa per “Ya Basta!” in Italia ed in Europa. Ma lui mi smentisce fermamente e mi dice: “Qui arriva tutto!”. Poi ci mostra fiero i suoi cimeli: alcuni servizi di tazzine provenienti da casa nostra (Italia), di cui va particolarmente fiero, e alcune macchine; una in particolare davvero singolare: “Cool!”, esclamo e lui prontamente: “Eh, si! E' una mia creazione: una specie di circo!” In realta' e' una macchian per la torrefazione del caffe', ma quando e' in funzione e' uno sfavillio di luci colorati e meccanismi che si muovono sincronicamente accompagnati da una musica da “carion”. Dopo il quinto caffe' John decide che si e' fatto tardi e che e' ora di ritornare a casa. Salutiamo tutti e montiamo sulla Bmw di Karen che in pochi minuti ci porta nuovamente a casa dove ci aspetta uno spettacolo incredibile: il cielo sereno come non mai apre la vista ad un cielo stellato dove la Via Lattea e' una chiara autostrada spaziale e le costellazioni chiare raffigurazioni astrologiche: chiaro e il Cigno e lo Scorpione, il Grande Carro e il Toro. Andy ed io ci fermiamo incantati, mentre Yool, ignaro di tutto cio', continua lungo il viottolo sterrato tra i campi facendosi luce faticosamente con il suo Blackberry. Noi, invece, rimaniamo incantati, con la testa in alto, protesa con lo sguardo a mettere a fuoco quelle figure geometriche, che col passare dei secondi appaiono sempre piu' chiare ai nostri occhi. All'improvviso mi sembra di esser tornato bambino, quando con mio cugino ritornavamo a casa durante le sere d'estate al paesello e, senza far rumore, prendevamo due sedie sdraio nel giardino di casa mia e, facendoci strada a tentoni nell'oscurita', raggiungevamo il belvedere isolato sulla valle; ci sdraiavamo e da li' potevamo osservare distintamente il cielo chiaro delle nostre notti di settembre quando tutte le luci ormai tacciono e i grilli dormono.

John & the Possum