giovedì 22 luglio 2010
12 luglio 2010 – Questa sera siamo andati con John ad un incontro tra coltivatori e produttori di caffe'. E' stato molto interessante! Questo tipo di incontri si tengono frequentemente: con una cadenza quindicinnale e vi partecipano quasi tutti i proprietari di coffee farm della zona. Si testano nuove miscele, si discute di tecniche di torrefazione del caffe', di tempi e modi di raccolta, ci si addentra in pericolose discussioni circa le migliori qualita' di caffe' al mondo, che possono rivelarsi interminabili e non proprio produttive, ma, soprattutto, si beve tanto ma tanto caffe'! Si testa una particolare macchina da caffe' o differenti modalita' e tempi per la tostatura, si osservano i diversi colori dei chicchi tostati da cui si puo' evincere la provenienza e le qualita' del caffe': “look at that: this is arabic, this one robusto, …”. Paul, il padrone di casa, ci invita a seguirlo nella torrefazione, macina e degustazione di una nuova partita di caffe', rigorosamente biologico (organic coffee), che e' arrivato il giorno prima dal Madagascar. Paul ha diverse macchine per la tostatura, tra queste la piu' grande e quella che vuole usare per “arrostire” letteralmente (rosted) questo caffe'. E' una Probat: una macchina di fabbricazione tedesca. Bill, un esterto “coffe maker”, che ha partecipato a diverse gare nella zona come barista, afferma fiero: “Probat: the best one in the world”. Continua raccontandomi che la madre e' tedesca e la sua famiglia vive a Leverkusen. Mi racconta dei suoi viaggi in Germania e di un suo cugino che una domenica, qualche anno fa, l'ha portato allo stadio a vedere una partita del Bayern Leverkusen, rigorosamente in curva, per fargli provare l'ebbrezza dell'evento. Il suo commento e' stato: “The hooligans are fucking crazy!”; intendendo per “hooligans” le due tifoserie ultras opposte. Durante la sua narrazione Bill mi porge gentilmente una tazza con un bellissimo disegno di un fiore fatto con il latte “schiumato” sulla crema del caffe'. Assaggio il simil-cappuccino-caffelatte e subito mi domanda:”Do you like this coffee?” e io: “You know, in Italy we drink the espresso, without milk and I drink a kind of espresso coffee very short, without sugar to taste the aroma, the flouvers!” e lui mi risponde prontamente: “No worries! I'm making for you a doppio ristretto!”. Penso: “Wow!” Dopo pochi secondi vedo scorrere lentamente una magnifica crema dal braccetto da due, il caffe' si posa lentamente nella tazza riempiendo il fondo e gia' Bill ha staccato ed e' pronto per servirmi il mio caffe'. Prendo la tazzina nelle mie mani e' bollente! Il colore e' perfetto: un marrone intenso con delle striature piu' chiare “a macchia di tigre”. Mi avvicino col mio nasone alla tazzina e sento l'aroma: intenso e forte. Affondo il cucchiaino in superficie per testare la consistenza della crema: impareggiabile! Densa e circa 2 mm come dev'essere... Con lo stesso cucchiaino bagno il bordo della tazzina, come amava fare mio padre, per avere il primo contatto delle labbra direttamente con il caffe' e non con la ceramica della tazzina e, infine, ne bevo un sorso. Decisamente uno dei migliori caffe' che ho bevuto nella mia vita, talmente buono che ancora sono sveglio a parlarne e scriverne quando dovrei gia' essere a letto per affrontare un'altra giornata di lavoro nella farm. Ma troppa caffeina fa male e ne ho assunta davvero tanta stasera per andare a dormire senza annoiarvi un altro po'! Paul continua a parlare e ci mostra orgogliosamente diversi sacchi contenenti caffe' provenienti da tutte le parti del mondo. Ne mostra uno in particolare e ci dice che viene dal Mexico e piu' precisamente dal Chiapas. Al che' leggo bene la dicitura sul sacco ed e' proprio cosi': il caffe' del Chiapas arriva fino in Australia! Interessato domando qualcosa a riguardo e Bill felicissimo si rivolge a John dicendogli di portarmi piu' spesso con lui, poi si volta verso di me e mi spiega che ha acquistato questa partita di caffe' a Sydney e proviene da una Caracoles dell'E.Z.L.N. (Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale) situata nella Selva Lacandona. Sorpreso gli spiego che non credevo che il caffe' delle Caracoles arrivasse nei vari Paesi del mondo attraverso le normali reti commerciali, ma pensavo che viaggiassero soltanto attraverso determinati canali della cooperazione allo sviluppo e del fair trade in piccolissime quantita' ed, eccezionalmente, in quei Paesi dove fossero attive determinate O.N.G., di una certa natura ed orientamento politico come accadeva fino a qualche anno fa per “Ya Basta!” in Italia ed in Europa. Ma lui mi smentisce fermamente e mi dice: “Qui arriva tutto!”. Poi ci mostra fiero i suoi cimeli: alcuni servizi di tazzine provenienti da casa nostra (Italia), di cui va particolarmente fiero, e alcune macchine; una in particolare davvero singolare: “Cool!”, esclamo e lui prontamente: “Eh, si! E' una mia creazione: una specie di circo!” In realta' e' una macchian per la torrefazione del caffe', ma quando e' in funzione e' uno sfavillio di luci colorati e meccanismi che si muovono sincronicamente accompagnati da una musica da “carion”. Dopo il quinto caffe' John decide che si e' fatto tardi e che e' ora di ritornare a casa. Salutiamo tutti e montiamo sulla Bmw di Karen che in pochi minuti ci porta nuovamente a casa dove ci aspetta uno spettacolo incredibile: il cielo sereno come non mai apre la vista ad un cielo stellato dove la Via Lattea e' una chiara autostrada spaziale e le costellazioni chiare raffigurazioni astrologiche: chiaro e il Cigno e lo Scorpione, il Grande Carro e il Toro. Andy ed io ci fermiamo incantati, mentre Yool, ignaro di tutto cio', continua lungo il viottolo sterrato tra i campi facendosi luce faticosamente con il suo Blackberry. Noi, invece, rimaniamo incantati, con la testa in alto, protesa con lo sguardo a mettere a fuoco quelle figure geometriche, che col passare dei secondi appaiono sempre piu' chiare ai nostri occhi. All'improvviso mi sembra di esser tornato bambino, quando con mio cugino ritornavamo a casa durante le sere d'estate al paesello e, senza far rumore, prendevamo due sedie sdraio nel giardino di casa mia e, facendoci strada a tentoni nell'oscurita', raggiungevamo il belvedere isolato sulla valle; ci sdraiavamo e da li' potevamo osservare distintamente il cielo chiaro delle nostre notti di settembre quando tutte le luci ormai tacciono e i grilli dormono.
Il primo giorno di lavoro e' stato durissimo: alle sette eravamo gia' fuori a piantare tuberi intorno ad una recinzione. Andy con la “shubble” (la pala) in mano e io con un picchetto di 20 kg. Questo per un paio di ore. Poi John ci chiama e noi ci avviamo verso di lui. Ci presenta Jack, che pero' si chiama John. Piu' tardi John ci spieghera' che quando si sono conosciuti con John erano in tre e tutti e tre si chiamavano John. Allora John per distinguerli e per non confondersi con se stesso aveva iniziato a chiamare John Jack e l'altro John “nameless” (senzanome). Da allora John viene chiamato Jack anche dalla moglie e lui stesso si presenta come Jack e dell'altro John si sa solo che non e' stato piu' chiamato e nient'altro! John e Jack, che e' un costruttore, ci spiegano che stanno ampliando la casa e stanno costruendo una nuova veranda che gira attorno la costruzione, una piscina e una grossa vasca per i pesci e che oggi avremmo dovuto costruire tutto il telaio di pali a sostegno della veranda. Andy e' un esperto carpentiere e John ci da' solo alcune brevi informazioni e poi spicca il volo: “He's very busy”, mi spiega Andy. Dopo pochi minuti mi ritrovo a impastare cemento per le fondazioni: un secchio d'acqua, mezza busta di cemento, dieci palate ciascuno di aggregato, poi altra acqua, altre cinque palate a teste di aggregato, un'altra mezza busta di cemento, altra acqua ed un paio di palate a testa di aggregato. Jack prende il trattore, io lo guido sui giusti binari e via! Il cemento cola dritto nei fossi, attorno ai pilastri di acciaio, riempiendoli. Continuiamo cosi' fino a ora di pranzo quando Karen ci chiama per mangiare un piatto di zuppa. Ci sediamo attorno al tavolo di fronte al belvedere e insieme a Jack mangiamo affamati un'ottima zuppa di farro, pollo verdure e ortaggi vari molto saporita. Nel frattempo Karen ci porta anche del pane bianco squisito con dell'uva passa dentro, che ci dice essere opera di John: “John likes very much to make bread!” Ci spiega orgogliosa e, noi, naturalmente annuiamo continuando a tenere la testa china nel piatto assaporando il pane caldo nel brodo della zuppa. Il pasto e' finito troppo in fretta e noi siamo gia' tornati al lavoro. Il tempo si mette male e inizia a piovigginare, ma noi incuranti continuiamo ad impastare cemento fino a quando sul far del tramonto buttiamo giu' l'ultimo calderone di cemento nell'ultima buca. John si avvicina, ci ringrazia e ci da' 50 dollari australiani ciascuno: lieto compenso che non ci aspettavamo assolutamente di ricevere. Rientriamo a casa distrutti, ma soddisfatti del duro lavoro svolto e dei suoi frutti.
Sono tre giorni che sono arrivato in una localita' poco distante da Byron Bay che si chiama Farmleigh. Karen e John, una simpatica coppia australiana mi ospitano nella loro “farm”. Piu' precisamente si tratta di una “coffee farm”. Qualche giorno fa ho trovato l'annuncio sul network di Global Gossip: “Accomodation and food for 4 hours of work a day”. Ho chiamato subito ed ora eccomi qui! Quando sono arrivato a Byron Bay ho pensato di aver trovato il mio paradiso, ma quando ho messo piede nella tenuta di John ho capito che mi sbagliavo di grosso! Di fronte alla mia vista si e' aperto un mondo incantato fatto di prati sconfinati, stagni, piante di caffe' e maccanuts, mucche, cavalli, fitti boschi e distanze non percorribili! E' incredibile fin dove si puo' perdere la tua vista in Australia: paesaggi unici si aprono davanti ad uno sguardo attonito di chi non puo' che spalancare la bocca di fronte a vallate e campi che nella loro diversita' fanno impressione per quanto sono ordinati. Karen e' venuta a prendermi, con la sua BMW, e insieme abbiamo chiacchierato fino ad arrivare a destinazione: “Quanto sei alto? Sei molto alto per essere un italiano” ed eccolo il primo stereotipo! Perche' mi devo sempre sentire in difficolta' per il fatto di essere italiano? Una volta tanto vorrei essere orgoglioso di esserlo, ma, purtroppo, in giro per il mondo non girano troppi stereotipi positivi sugli italiani. “Perche' Karen? Lo sai: gli italiani sono il popolo piu' alto in Europa dopo gli svedesi!”. Arriviamo nella “dependance”, poco lontano dalla casa dei proprietari e karen mi presenta il ragazzo inglese, di cui mi aveva parlato durante il tragitto. Andy e' un ragazzotto inglese di 24 anni. Ben impostato, alto, asciutto e con una bella faccia sorridente e vispa. Mi stringe la mano vigorosamente e continua a sorridermi, mentre con la coda dell'occhio intravedo Karen che e' gia' sgattaiolata fuori dall'uscio e si appresta a salutarci: “See you guys!”. Resto solo con Andy che alacremente mi mostra la casa e mi indica tutto quello che dovrei sapere per iniziare a fare conoscenza con il posto. Andy e' sveglio ed intelligente e parliamo un po' per fare amicizia: tutti e due sappiamo benissimo che trascorreremo lunghe giornate insieme e quindi, in qualche modo dovremo farci compagnia. Mi racconta di essere nato e di vivere a Blackburn, nel Nord dell'Inghilterra e di essere in Australia da circa un mese, come me. E' atterrato a Cairns e poi e' sceso giu' fino a Baron Bay dove anche lui ha trovato riparo nella fattoria. E' qui da qualche giorno e ha gia' imparato molte cose: mi parla con entusiasmo della raccolta del caffe' e di molte cose attinenti al nostro lavoro. Poi, i suoi occhi si illuminano improvvisamente, e mi dice: “Come on! I'll show you something!” usciamo fuori ed in un garage adiacente all'abitazione vedo parcheggiato un “quad”. Andy monta su e mi fa segno di fare lo stesso. Una volta seduti, mi spiega come avviarlo e come cambiare marce, dopodiche' partiamo: filiamo veloci attraverso i filari di alberi di caffe', su strade sterrate, di fronte ad un grande stagno fangoso con tre paperelle che galleggiano a filo d'acqua a guardarci sfrecciare per la campagna australiana e Andy che continua a ripetermi: “It's very fun! It's fun!”. Arriviamo velocemente a lambire la dimora di Karen e Jach che riposano dopo una lunga giornata di duro lavoro seduti sulla loro bella veranda della loro bella casa. Andy ferma il motore dopo aver girato intorno alla casa e mi fa: “Look at that!” e mi indica con l'indice un punto indefinito innanzi a lui. Seguo con lo sguardo il suo braccio, poi la sua mano e, infine, il suo dito, fino alla sua punta e li' mi rendo conto di avere sotto i miei occhi uno spettacolo incredibile: una vista magnifica che si perde fino all'oceano! Resto incantato a guardare quella creazione perfetta e respiro a pieni polmoni aria pura.
Shari e' stata molto cara quando le ho detto che sarei andato via avendo trovato un lavoro in una coffee farm e maccademians. Mi ha detto: “Non ti preoccupare vai e ricordati che qui sei sempre il benvenuto!” Salutati Shari, Tawanda e le due piccole ho ripreso la strada in direzione Farmleigh ad una 20 di km da Byron Bay all'interno.
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